Comunità energetiche in attesa ma all’orizzonte si vede il boom
Un’associazione tra cittadini, attività commerciali, pubbliche amministrazioni locali o piccole e medie imprese che decidono di unire le proprie forze per dotarsi di uno o più impianti condivisi per la produzione e l’autoconsumo di energia da fonti rinnovabili
Sono poche ma è solo questione di tempo. Le comunità energetiche rinnovabili (Cer) introdotte in Italia dall’articolo 42-bis del Decreto Milleproroghe n. 162/2019 sono ormai incardinate sulla strada giusta: un po’ perché appaiono quasi come una necessità in tempi di alti costi dell’energia, un po’ perché ci sono risorse di vario tipo per farle funzionare e anzi crescere.
Ma cos’è una comunità energetica? È un’associazione tra cittadini, attività commerciali, pubbliche amministrazioni locali o piccole e medie imprese che decidono di unire le proprie forze per dotarsi di uno o più impianti condivisi per la produzione e l’autoconsumo di energia da fonti rinnovabili.
Il legislatore è intervenuto anche con il Dlgs 199/2021, che dà attuazione alla Direttiva europea RED II sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili. Norma che prevede criteri direttivi che dovrebbero entrare in vigore entro fine giugno 2022. Uno di questi criteri direttivi prevede che gli impianti di produzione dell’energia elettrica da fonti rinnovabili debbano avere una potenza complessiva non superiore a 1 Mw (prima era di 200 Kw) ed essere connessi alla rete elettrica attraverso la stessa cabina primaria (corrispondente territorialmente a circa 3-4 Comuni oppure 2-3 quartieri di una grande città) su cui insistono anche tutti gli iscritti alla comunità energetica.
L’attenzione per questo tipo di strumenti che puntano alla produzione di energia a chilometro zero cresce sempre di più: attraverso il recepimento della Direttiva Red II e i finanziamenti del Pnrr si stima al 2030 una potenza complessiva installata in tutta Italia di 7 Gigawatt. Alla base c’è anche un grande lavoro di promozione e di supporto in particolare delle grandi aziende come Enel X, la controllata di Enel, che ha messo in campo strumenti di informazione e di aiuto. Oggi la situazione è quella descritta dall’amministratore unico del Gse (Gestore dei servizi energetici), Andrea Ripa di Meana:
Ad oggi ci sono state 37 istanze di accesso di cui 23 gruppi di autoconsumatori e 14 comunità di energia rinnovabile, ubicati in prevalenza al Nord. La potenza media degli impianti fotovoltaici, al servizio di queste comunità, è tra 15 e 20 Kw.
Da un punto di vista geografico le Regioni maggiormente interessate al momento sono quelle del Nord «con il Veneto che ha avviato 8 progetti, il Piemonte 7, la Lombardia 6 ed il Trentino Alto Adige 5 progetti. Seguono il Friuli Venezia Giulia, l’Emilia Romagna e l’Abruzzo con due progetti. Una sola iniziativa per Campania, Lazio, Sicilia, Marche e Toscana» ha spiegato Ripa di Meana. In questo momento tutti gli impianti sono di tipo fotovoltaico e hanno una potenza media di 15-20 Kw. Per Ripa di Meana occorre «promuovere sinergie/estensioni ad altri meccanismi per favorire la produzione di altre forme di energia, interventi di efficienza energetica, integrazione di accumuli, servizi di ricarica per la mobilità elettrica; agevolare il ricorso a finanziamenti bancari per chi non potrà accedere al Pnrr; censire e rendere disponibili le superfici e tetti della Pubblica amministrazione non utilizzati; corredare il meccanismo con un obbligo di consegna al Gse a tariffa fissa dell’energia immessa non autoconsumata».
È necessario, ha sottolineato l’amministratore unico del Gse, rendere rapidamente operativi i nuovi meccanismi, oltre che proseguire e rafforzare le attività di promozione e supporto allo sviluppo del meccanismo. Diverso il dato delle Cer attive fornito dall’Orange Book sulle comunità energetiche in Italia curato da Utilitas, Rse e Utilitalia:
Le principali comunità energetiche attive che operano in Italia oggi sono circa 20 – si legge nel rapporto –, alcune coerenti con la normativa e la regolazione vigenti, altre che condividono lo spirito delle direttive RED II e IEM, senza però contare quei Comuni che fanno uso solo di energia rinnovabile e i neonati progetti di Comunità energetiche che si trovano ancora in fase embrionale.
I prossimi mesi saranno decisivi. Anzi potranno essere decisive addirittura le prossime settimane. Si aspetta per il 15 giugno l’aggiornamento dei meccanismi di incentivazione e le restituzioni tariffarie da parte del ministero della Transizione ecologica e dell’Arera (l’Autorità di regolazione per energia reti e ambiente): in questo momento gli iscritti a una comunità energetica ottengono complessivamente un beneficio di circa 179 euro per Mwh. Altrettanto importante è la dotazione finanziaria prevista dal Pnrr che ha messo in campo, nell’ambito del compito M2C2 – Energia rinnovabile, idrogeno, rete e mobilità sostenibile, 2,2 miliardi di euro specificatamente per la promozione delle energie rinnovabili per le comunità energetiche e l’autoconsumo e ricordiamo che il 40% è sempre vincolato per le regioni del Mezzogiorno.
L’obiettivo dell’investimento è il recepimento della Direttiva RED II a una dimensione più significativa, individuando Pubbliche amministrazioni, famiglie e microimprese in Comuni con meno di 5mila abitanti che ne possano beneficiare in termini di sostegno all’economia, alla coesione sociale, nonché di contrasto allo spopolamento si legge nel rapporto Orange Book.
Il legislatore sta intanto insistendo parecchio su questo tipo di strumenti: l’ultimo tassello è arrivato con il decreto Aiuti, che amplia il coinvolgimento della Difesa e delle Pa nelle comunità energetiche rinnovabili, aprendo anche alle autorità portuali. Con il decreto Bollette, invece, è stato fatto un altro intervento sugli autoconsumatori di energia rinnovabile estendendo fino a 10 chilometri la distanza degli impianti di produzione che sono connessi all’utenza.
di Nino Amadore
Articolo tratto da Smart24 Edilizia e Urbanistica.